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Andare al punto: le fondamenta dell’Associazione sportiva
Oggi terminiamo i nostri appuntamenti di questo 2013 con quello che può essere considerato il tema che sta alla base di tutte le società, sportive e non: il rapporto tra i membri. Di solito ogni associazione sportiva nasce dall’unione di intenti di un gruppo più o meno numeroso di persone unite dalla passione per uno sport specifico; il discorso che si deve fare per la bocciofila è però ben diverso. Iniziamo con una breve analisi dello sviluppo delle associazioni sportive che ho menzionato per prime: dopo le prime entusiastiche fasi iniziali, è fisiologico che il gruppo di appassionati si evolva e si debba creare una solida struttura societaria dove la ripartizione dei compiti, degli oneri e delle responsabilità sia delineata. Ci dovranno essere quindi coloro che si assumono l’incarico dirigenziale, con tutti i doveri “burocratici” che ne derivano, chi, valutate le proprie competenze tecniche si proporrà in veste di allenatore, e chi semplicemente sarà praticante.
La semplice suddivisione dei membri in questi tre grandi macro-gruppi fa già capire come poi, nell’evoluzione dell’attività societaria, ciascuno dei componenti debba avere responsabilità diverse non solo dal punto di vista pratico, ma anche e soprattutto dal punto di vista relazionale con gli altri facenti parte di un macro-gruppo diverso. Vediamo ora come sono nate negli anni le società bocciofile. La base di partenza è stata diversa: un gruppo di persone si ritrovavano all’interno di un circolo o di un’ambiente ricreativo, che possedeva tra l’altro un impianto per le bocce, con il semplice intento di trascorrere del tempo insieme. Questo tempo includeva anche la pratica ludico-sportiva. La volontà di queste persone di avviare un’attività agonistica è nata quindi solo in seguito alla loro voglia di aggregazione. Pertanto, a fianco dello sviluppo di una struttura societaria simile a quella prima descritta (con dirigenti, allenatori ed atleti) è rimasto inalterato o si è sviluppato di pari passo quello che può essere definito come il gruppo sociale da cui tutto è nato.
Visto che i primi passi che una società sportiva dilettantistica muove nel “mercato” sono spesso dettati da amicizie e conoscenze varie, questo avrà portato inevitabilmente qualcuno dei membri “originari” a ricoprire ruoli dirigenziali e tecnici. Solo qualcuno però, perché in molti casi i membri del gruppo sociale permangono in esso, come giocatori occasionali o solo come semplici appasionati, andando a formare un vero e proprio quarto macro-gruppo di cui tenere grande conto dal punto di vista relazionale.
Analizziamo ora brevemente nel dettaglio come si amplia il rapporto dei tre macro-gruppi quando in seno alla società è presente il gruppo sociale.
I Dirigenti
Il lavoro più importante, e più arduo aggiungerei, è come al solito a carico dei dirigenti dell’associazione sportiva. Questi, nel rapportarsi con gli allenatori, dovranno sondare le capacità personali e gli obiettivi comuni, valutare la disponibilità di questi a seguire totalmente gli atleti e mettere in chiaro sin da subito se è presente o meno la possibilità di accordare un rimborso spese all’incaricato. Uno dei compiti principali sarà poi quello di vigilare sulla disciplina degli atleti, ed eventualmente intervenire qualora i dissidi (spesso inevitabili) tra allenatori e giocatori non siano risolvibili con la volontà delle due parti in causa. Tali concetti valgono per tutte le associazioni sportive dilettantistiche, ma nella bocciofila il reparto dirigenziale dovrà anche “fare i conti” con il gruppo sociale. Il punto focale sarà quello di coinvolgere le persone di questo nell’attività sportiva ed extra-sportiva, ricercando anche la loro collaborazione.
Qualsiasi siano le scelte attuate dal reparto dirigenziale, alla base di tutto dovrà risiedere la comunicazione. Sarà buona abitudine, ed un buon mezzo per ottenere riscontri positivi, quella di riferire e rendere pubbliche in modo adeguato a tutti i membri interessati le varie iniziative societarie: questo potrà rivelarsi utile sia per aumentare il coinvolgimento e la motivazione dei membri stessi, sia per permettere loro di organizzarsi nel partecipare agli eventi in programma. Ovviamente non mi riferisco a qualsiasi scelta societaria, ma a tutte quelle che esulano dalla gestione prettamente finanziaria o economica della società. In pratica, il gruppo sociale deve divenire un valore aggiunto ed un elemento su cui fare affidamento in caso di necessità, non un fattore limitante le possibilità di libero arbitrio del reparto dirigenziale.
Gli allenatori
Nella pratica sportiva, le ralzioni più in luce durante le gare sono quelle tra gli allenatori ed i giocatori, ma il rapporto di questi si sviluppa per la maggior parte del tempo in sede di allenamento. In più, oltre che curare gli aspetti agonistici, gli allenatori dovranno essere degli educatori: un rapporto di questo genere in ambito sportivo deve per forza di cose andare al di là dell’insegnamento tecnico e tattico per essere duraturo nel tempo e stimolante per i praticanti.
Se poi, come accade nella bocciofila, gli allenatori ed i giocatori provengono dal gruppo sociale fondatore allora il rapporto può avere dei risvolti totalmente positivi o negativi. Nel primo caso, la confidenza acquisita nel tempo trascorso insieme può essere un fattore chiave per affrontare gli impegni agonistici in modo rilassato, accettando di buon grado suggerimenti tattici, nel secondo caso può invece portare a non accettare l’autorità dell’allenatore nel momento della gara. Anche in questo caso, il coinvolgimento degli appartenenti al gruppo sociale nel programma degli allenamenti, rendendoli edotti degli obiettivi che si vogliono affrontare insieme sarà decisivo.
Gli atleti
I giocatori devono essere motivati alla pratica sportiva, ma nel contempo essere educati al rispetto dei propri allenatori (rispetto che deve comunque sempre essere bilaterale), perché senza questo presupposto fondamentale la loro vita sportiva è destinata ad essere breve. Lo stesso vale per il loro rapporto con la dirigenza. In una società bocciofila, un atleta può essere venuto fuori dal gruppo sociale, ed allora sarà già mosso dalla passione, ma dovrà adattarsi alla nuova condizione di essere allenato, con i risvolti sopra esposti. Da un altro punto di vista, gli appartenenti al gruppo sociale che non si vogliono cimentare in gare o tornei, dovranno supportare chi ha intrapreso questa scelta, magari aiutati dall’atleta stesso che può sempre guardare a loro come a persone con cui è maturato nell’attività bocciofila e non come ha chi ha deciso di non rischiare oltre.
In conclusione, qualunque siano i macro-gruppi all’interno di una società, voglio nuovamente mettere in evidenza il fatto che l’obiettivo comune non deve essere solo quello del risultato, ma anche quello dell’ampliamento della conoscenza e della passione per lo sport verso un numero sempre maggiore di persone esterne al gruppo che forma il nocciolo duro dell’associazione, ma che avrà bisogno di apporti ulteriori per il proseguimento della propria attività nel tempo. Questo si può ottenere sicuramente senza pensare ad ogni gruppo come ad un contenitore a tenuta stagna isolato dagli altri. Rapporti diretti e comunicazione rappresentano senza dubbio la via di collegamento migliore.
Christian Petrucci
Andare al punto: l’Associazione e il futuro (parte II)

Christian Petrucci
Riprendendo il discorso iniziato la scorsa volta sulla sopravvivenza sportiva di un’associazione dilettantistica, vorrei oggi soffermarmi sui vantaggi che può portare una politica di apertura ai giovani, ai diversamente abili ed agli immigrati. Alcuni di questi vantaggi saranno di carattere puramente finanziario – monetizzabili – ma altri non potranno che essere classificati tramite criteri più “astratti”.
So che nell’ambito sportivo dilettantistico delle bocce (così come accade negli altri) parlare di cose non tangibili può far storcere la bocca a molti, ma gli aspetti che non si possono quantificare economicamente molto spesso sono quelli che persistono nel tempo in modo più marcato. Cominciamo quindi a trattare gli aspetti finanziari della questione e quelli che non lo sono.
Autofinanziamento del progetto
Dopo l’investimento iniziale di tempo e di denaro per formare allenatori/educatori sportivi, la società potrà avviare corsi, incontri o vere e proprie stagioni di allenamento (o gioco, nel caso dei bambini) per l’attività sportiva delle bocce. Per i partecipanti interessati sarà prevista una quota di iscrizione, che potrà essere annuale o mensile a seconda delle scelte societarie, e si capisce fin da subito come i soldi percepiti possano servire a coprire le spese per l’utilizzo del campo di gioco, per il rimborso spese degli allenatori e per le utenze come la corrente elettrica o l’acqua. Ovviamente, all’inizio è probabile che non si riescano a coprire del tutto i costi sostenuti, ma col tempo e con l’arrivo di nuovi partecipanti questo risulterà possibile, fermo restando l’impegno ad incrementare sempre più l’offerta di attività sportiva per tutti.
Coinvolgimento di persone “esterne”
Insieme ad ogni nuovo praticante, può venire in contatto con l’associazione sportiva un numero esponenziale di persone (genitori, parenti, amici) che si possono interessare alla pratica delle bocce, ma anche solo semplicemente a far parte dell’ambiente contribuendo in altro modo all’attività sociale. Un esempio classico può essere l’organizzazione di una festa o di una cena dove la manodopera richiesta per i preparativi è sempre un punto dolente in quanto si parla pur sempre di volontari.
Mi sono rivolto a queste persone definendole “esterne” perché anche questo è un punto dolente della maggior parte delle associazioni dilettantistiche: la mancanza di aiuti da persone diverse dagli appassionati che tutti i giorni si impegnano nel portare avanti l’attività sportiva. Mi immagino quante volte gli stessi membri si ritrovino a dover fronteggiare numerosi impegni e svariate problematiche con in testa il pensiero che sono sempre i soliti a dover fare tutto!
Ebbene, da questo punto di vista, il coinvolgimento di soggetti interessati diversi dai soliti membri della nostra società non deve essere visto come un’intrusione, ma deve oltremodo venire incentivato. Sarà fondamentale in quest’ottica la programmazione di incontri dove si presenta l’attività che deve essere svolta oppure, con lo stesso fine, l’organizzazione dei classici momenti di convivialità e di aggregazione come le cene, di cui parlo spesso.
Come si nota, questo aspetto non è monetizzabile in senso stretto, ma dal punto di vista economico può senz’altro portare un abbattimento dei costi di gestione, visto il coinvolgimento a titolo di volontariato di queste persone. Senza pensare poi che in caso di bisogni specifici (per esempio manutenzione dell’impianto) le stesse possono avere competenze che possono rivelarsi utili per far risparmiare fondi e tempo.
Infine, più persone si riescono a rendere partecipi del fatto che l’associazione sportiva è presente sul territorio, più esiste la possibilità che queste vogliano provare a praticare uno sport diverso, con conseguente sfruttamento del campo da gioco, magari in orari diversi da quelli in cui viene solitamente utilizzato. E qui si ritorna meramente ai vantaggi economici, con il pagamento effettuato per accedere al campo da gioco.

Ritorno di immagine
Con questo concetto vorrei riassumere tutti gli aspetti intangibili che la programmazione di attività sportiva per bambini, diversamente abili ed immigrati può avere per un’associazione sportiva dilettantistica come ne esistono tante nella bocciofila. Il ritorno di immagine cui mi sto riferendo non riguarda solo gli aspetti sportivi, ma anche e soprattutto quelli sociali.
Se da un lato, infatti, è molto importante e stimolante assistere alla pratica dello sport da parte dei bambini e delle persone diversamente abili, da un altro punto di vista è enorme la valenza sociale di farli partecipare attivamente in una pratica come quella sportiva che spesso è relegata al solo concetto di agonismo o di eccellenza. In parole povere, l’apertura dello sport alla vita di tutti i giorni diventa totale, appannaggio di tutti, anche di coloro che tante volte vengono solo visti come facenti parte di categorie “deboli”.
Seguendo questa linea di pensiero, si pensi poi a quale significato abbia proporre la pratica di uno sport come le bocce, radicato da tempo immemore nell’immaginario collettivo del popolo italiano, ad un immigrato nel nostro paese: credo che sia uno dei sistemi di integrazione sociale più efficaci e meno dispendiosi che si possano immaginare.
Sono sicuro, inoltre, che una società dilettantistica che inizi a programmare ed a proporre questo genere di inserimento tramite lo sport e l’avviamento alla pratica per i più piccoli non risulterà indifferente agli Enti locali del proprio territorio e questo potrà portare a future collaborazioni ed iniziative sotto il patrocinio di questi, altro aspetto fondamentale in termini sociali e di sopravvivenza sportiva.

Ecco quindi brevemente evidenziate alcune conseguenze di una politica di programmazione mirata all’ampliamento dell’offerta sportiva di una società. Resta il fatto che ovviamente l’attività principale dovrà proseguire di pari passo con tutti gli interventi di cui abbiamo parlato sinora: tra l’altro, molto facilmente, si noterà che anche questa ne trarrà vantaggio, in quanto impulsi nuovi stimoleranno comunque riscontri positivi nelle attività già ben avviate.
Christian Petrucci
Andare al punto: l’Associazione ed il futuro (parte 1)

Christian Petrucci
Oggi vorrei trattare un tema quantomai spinoso che interessa tutte le associazioni sportive dilettantistiche: la sopravvivenza. Ovviamente mi riferisco alla sopravvivenza di tipo sportivo nel lungo termine, quindi a quanto una società riesce a proseguire la propria attività negli anni e, perché no, nei decenni. Non esagero usando questo termine temporale, dato che alcuni club di golf nel Regno Unito esistono addirittura dal diciottesimo secolo!
Tornando però a parlare della realtà nostrana, nella quale si muovono anche le società bocciofile, mi ritrovo ancora ad usare la parola programmazione: il futuro dell’attività deve essere pianificato se si intende protrarla nel tempo e questo deve nascere principalmente dalla volontà della dirigenza (e non solo) di far crescere gli atleti nell’ambito del proprio sport fin dalle età più giovani. A questo si potrebbe e si dovrebbe aggiungere un impegno nell’attività sociale volta all’integrazione delle persone diversamente abili e di quelle immigrate, sempre più presenti nella vita quotidiana di molti. Come vi potrete immaginare, questi argomenti aprono una serie piuttosto ampia di spunti e di contenuti, pertanto ho ritenuto opportuno suddividerli in due parti: oggi analizzeremo quali sono gli interventi da programmare per coinvolgere le persone sopra indicate nella pratica dello sport, la prossima volta vedremo gli innegabili vantaggi che questi porteranno all’interno dell’associazione. Partiamo con il primo punto focale degli interventi da programmare.

Investire
So che questo verbo può far rabbrividire molti membri delle società bocciofile (così come accadrebbe con società che operano in altri ambiti sportivi), ma l’investimento di cui parlo è solo in parte di carattere monetario: infatti si tratta di investire anche nel tempo per formare gli allenatori/educatori che potranno poi seguire al meglio i progetti da sviluppare. All’interno dell’associazione sportiva si dovranno innanzitutto scegliere delle persone (se non si offrono volontariamente) alle quali si faranno seguire i corsi federali previsti per avere l’abilitazione ad insegnare la pratica sportiva delle bocce, magari a spese della società stessa. Dopo tale formazione “burocratica”, si può iniziare a pensare a quali classi di età rivolgersi per l’avviamento allo sport. Va da sé che, come ho già detto in un’altra occasione, si dovranno scegliere i membri adeguati per i ruoli adeguati, ma capisco perfettamente che in ambito di volontariato non sempre questo è possibile e bisogna adattarsi ai pochi che hanno dato la loro disponibilità. Lo stesso discorso vale per chi dovrà seguire gli aspiranti sportivi diversamente abili, in quanto, per svolgere un lavoro appropriato, vengono organizzati dei corsi che forniscono competenze specifiche. A questo proposito sarà utile prendere quindi contatto con i responsabili dell’amministrazione locale che quotidianamente svolgono opera di integrazione in questo ambito. Può sembrare strano, ma da esperienze personali e non, ho imparato negli anni che se si formano gli allenatori/educatori i nuovi praticanti arriveranno.
Per quanto riguarda poi l’attività con i bambini, che dovrà ovviamente svilupparsi sotto forma di gioco, sarà utile cercare una collaborazione con le scuole presenti nel territorio, che soprattutto negli ultimi anni sono molto aperte a questo genere di iniziative per offrire ai bambini, ed ai genitori di conseguenza, attività sempre nuove e stimolanti. (Un esempio concreto e importante sono i progetti portati avanti dal Settore giovanile della FIB Toscana, come “Bocce, tutti in gioco”).
Altro punto che sarà fondamentale, e che andrà chiarito sin dall’inizio tra la dirigenza e gli operatori scelti, sarà quello di pattuire un eventuale rimborso spese. Questo non solo incentiverà i volontari a proporsi, ma fornirà un’immagine positiva e professionale dell’associazione agli occhi dei propri membri e delle persone esterne con cui ci troveremo a lavorare. Ponendo poi l’accento sul piano prettamente finanziario, nel caso in cui i bambini o le persone coinvolte si interessino alla pratica delle bocce e si iscrivano all’associazione sportiva, allora si può subito notare come un progetto del genere si “autofinanzi” con le quote sociali che vengono versate annualmente o con il pagamento dell’utilizzo del campo anche solo per partite occasionali.

Controllare
Una volta effettuato l’investimento di tempo, denaro e di risorse umane, non bisogna incorrere nell’errore fatale di lasciare andare le cose a sé stesse. Sembra banale doverlo rimarcare, ma ci deve essere sempre un filo diretto tra la dirigenza e gli operatori che propongono lo sport ai livelli di cui abbiamo parlato prima. Da questo punto di vista, sarà utile eleggere uno o più dirigenti incaricati di seguire il settore giovanile e quello dello sport per diversamente abili. Visto che non ho ancora ripreso l’argomento, voglio specificare che per l’integrazione degli immigrati nel nostro Paese ci si dovrà muovere a più livelli, sia quello giovanile sia quello dell’età più avanzata, pertanto i soggetti interessati rientreranno nell’uno o nell’altro gruppo senza problemi. Ad ogni modo, il dirigente incaricato del ruolo di responsabile dello sviluppo di questi progetti avrà il compito di gestire, coordinare e risolvere eventuali problematiche che possono insorgere, in accordo con gli educatori stessi, in quanto in un ambito dilettantistico come quello bocciofilo è altamente sconveniente e sconsigliato per tutti creare inutili tensioni che possono danneggiare il lavoro che viene programmato e svolto per un fine comune. Ho voluto precisare anche questo punto perché so che purtroppo sono evenienze che accadono sovente.

Tirare le somme
In pratica è quello che deve essere fatto alla fine di ogni progetto o alla fine di ogni stagione sportiva in generale. La dirigenza, al completo o rappresentata dal dirigente responsabile dei progetti, si incontrerà con gli operatori che hanno collaborato attivamente per raccogliere impressioni, pareri ed anche consigli per eventuali sviluppi futuri. Questo dovrà essere fatto anche dopo avere ascoltato in merito i dirigenti scolastici delle scuole ed i responsabili dell’amministrazione locale eventualmente coinvolti. La riunione non avrà il solo scopo della redazione di un bilancio consuntivo dell’attività svolta negli ambiti di applicazione che abbiamo trattato sinora, ma dovrà essere rivolta alla valutazione con occhio educativo e sociale di ciò che il progetto ha portato all’associazione sportiva ed ai soggetti coinvolti, educatori ed aspiranti bocciofili. A volte infatti ci sono investimenti che semplicemente non sono “monetizzabili”, ma che riguardano aspetti più intangibili della persona e dell’ambiente in cui si opera. Questo è lo spunto con cui concludo questa trattazione, in quanto questo argomento verrà più diffusamente analizzato la prossima volta.
Christian Petrucci
Andare al punto: consigli e suggerimenti di management sportivo di Christian Petrucci

Christian Petrucci
Il mondo dello sport oggi chiama le Società ad affrontare nuove e appassionanti sfide che vanno oltre il risultato sportivo: si parla di gestione, comunicazione, organizzazione eventi e ricerca fondi. FIB Toscana desidera proseguire il lavoro di sostegno alle Società introducendo una riflessione sul tema della promozione di sé e del management sportivo. Questo perché facciamo tante cose belle, siamo un presidio sociale sul territorio, portiamo avanti grandi progetti sportivi, di solidarietà, di educazione, ma non sempre siamo capaci di raccontarlo. Quando incontriamo Enti e Amministrazioni riusciamo a comunicare tutte le nostre potenzialità? E come ci presentiamo agli occhi di un eventuale sponsor? E di fronte ai media?
Per aiutarci a rispondere a queste domande abbiamo chiesto supporto a Christian Petrucci, istruttore e consulente di management dello sport, che fino a dicembre ci accompagnerà con “Andare al punto“: consigli, suggerimenti e strumenti pratici per migliorare l’ideazione, la promozione e la comunicazione delle attività delle Società Bocciofile.
“Da sempre ho praticato sport” dice Christian Petrucci. “Dopo un’infanzia ed un’adolescenza a tutto calcio mi sono appassionato a quello sport controverso ed affascinante che è il football americano e tuttora continuo tale pratica. Nel frattempo ho deciso di indirizzare le mie attenzioni verso lo studio vero e proprio dello sport iscrivendomi all’ISEF di Firenze. Terminati questi studi, ho deciso di approfondire ulteriormente le mie conoscenze frequentando la Laurea specialistica in Management dello Sport e delle Attività Motorie presso la facoltà di Medicina e Chirurgia di Firenze. Lo studio intrapreso in quegli anni, riguardante la gestione dei molteplici aspetti dell’ambiente sportivo, mi ha anche portato a collaborare con la Federazione Italiana Baseball e Softball fino al 2012. Da questi studi e da tutte le mie esperienze lavorative e non in ambito sportivo ho tratto degli spunti interessanti che spero possano essere utili per chi si muove in un ambiente dell’associazionismo sportivo dilettantistico come quello delle bocce.”
Perchè oggi è importante parlare di marketing sportivo anche nelle Società Bocciofile?
Semplicemente perché lo è sempre stato. Quello che comunemente viene definito marketing può semplicemente essere visto come l’insieme di studi, di strategie e di azioni volti a far appassionare, e magari ad affiliare, il maggior numero di persone alla pratica sportiva. E’ da sempre la chiave di volta e la “guerra” che combattono tutti gli addetti ai lavori delle varie associazioni sportive, no?
Si tratta di una scelta obbligata per chi vuole sopravvivere in questo mercato molto competitivo?
Direi che la scelta obbligata si deve riferire al fatto di provare a trovare strade nuove per perseguire gli obiettivi che ci siamo prefissati. E questo è un aspetto delicato: basti per esempio pensare a quante volte ci si imbatte in persone radicate in preconcetti troppo spesso mascherati sotto il nome di “tradizione”.
Non si snaturano così i valori e gli ideali che stanno alla base del movimento sportivo?
Per come la vedo io, l’unico modo di snaturare tali ideali è quello di ricorrere a modi illeciti e scorretti per raggiungere il traguardo. Va benissimo l’apertura mentale all’innovazione ed alle collaborazioni più disparate, ma, nello sport, sono ancora totalmente in disaccordo col pensiero che il fine giustifichi i mezzi…
Senza “tradire” dunque lo spirito e l’etica, è possibile utilizzare leve e trucchi per migliorare la propria gestione economica e la propria visibilità… e magari anche il numero degli iscritti?
Certo! Anche se non parlerei propriamente di “trucchi”, il punto focale della questione è questo: mantenere la propria coerenza e filosofia di base mentre si lavora per raggiungere i risultati legati alla promozione, alla visibilità ed all’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse economiche che, come purtroppo tutti sappiamo bene, in un momento come questo, sono quantomeno di difficile reperibilità. E’ questa la sfida che, alla fin fine, rende affascinante il management dello sport.
Appuntamento al 10 ottobre con il primo post di “Andare al punto“!












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