Rino Nencini ospite di ArcoToscanaTv

16/05/2011 at 11:08 1 commento

ArcoToscanaTv ha intervistato in nostro atleta Rino Nencini: 90 splendidi anni in un corpo asciutto, in perfetta forma, una vita intera dedicata al gioco delle bocce, con oltre 500 premi vinti in 60 anni di carriera. “Meglio della palestra!” sostiene, “perché così si tiene in esercizio il corpo e anche la mente, si passa bene il tempo con gli amici e anche con gli altri. E poi giocare porta l’esaltazione, l’adrenalina, sia che si vinca sia che si perda!”


Qui di seguito riportiamo il testo curato da Cecilia Trinci per ArcoToscanaTv. L’originale lo trovate cliccando qui.

Rino infatti ricorda con uguale commozione sia le strepitose vittorie che le sconfitte, che a distanza di anni ancora bruciano, come quelle subite nei due Campionati Italiani del 1975 e del 1977, un titolo sfiorato e perso per un pelo. La prima volta per il flash di una macchina fotografica che lo ha distratto, il secondo per un colpo di sfortuna che è sempre in agguato in questo gioco.

Con gli occhi che all’improvviso brillano, come se tutto accadesse di nuovo, ricorda la vittoria del 1960 ottenuta a sorpresa con un colpo “nuovo”, allora sconosciuto, “una bocciata a volo soprammano”, quando tutti usavano  ancora solo il tiro “sottomano”.

Quando si riesce a bocciare e a restare il tiro è perfetto. E’ una questione di fisica: le bocce sono corpi di uguale peso, se si tira in modo perfetto su quella già tirata dall’avversario la si sostituisce  con la propria e l’altra vola via”.

Rino lavorava in Provincia, al controllo delle acque. Alle due “faceva festa” e, dice “non mangiavo nemmeno, mi prendevo un panino e correvo a giocare a bocce. Tutti i giorni era giocare giocare e la domenica gare!”

Riconosce di avere avuto una moglie comprensiva. Oggi non sarebbe stato possibile. “Sarà perché le donne non sono più pazienti che i giocatori di bocce sono andati a diminuire! Oggi se si brucia una frittata si va dall’avvocato e ci si separa!”

Per sessant’anni dice di essere stato anche egoista, di avere sacrificato la famiglia per una passione che è stata costante e intransigente. “Ma, dice, a volte portavo mia moglie con me. Si partiva il giorno prima della gara, come quando siamo stati a Roma: cinque ore di viaggio in macchina perché mica c’era l’autostrada negli anni ’50! Si dormiva fuori e il giorno dopo si gareggiava. Oppure le portavo dei regali. Le medaglie d’oro non sono mai mancate: è  perché il gioco era un successo che mi si è fissato addosso in questo modo!. Per raggiungere le bocciofile si facevano anche dei gran viaggi in treno e poi in autobus, portandosi dietro la reticella delle bocce!”

Rino ha avuto due figli, ma nessuno dei due lo ha seguito. Il maschio “aveva il calcio per la testa”, e lo ha praticato come giocatore e come allenatore.

La più bella giornata della mi’ vita è stata nel ’98:  ero andato in macchina, da solo, come sempre, a Sassuolo, a una gara con 520 giocatori. Ho vinto 4 partite, ho giocato tutto il giorno e sono tornato a casa alle 2 e mezzo di notte, con una coppa, che per me rappresenta la vittoria più grande. Anche perché avevo già 78 anni e a volte vincere è saper giocare e anche saper superare certi nostri limiti.”

Tutt’ora Rino è un campione. Va in bicicletta a allenarsi tutti i giorni per due ore per essere pronto la domenica a gareggiare. Parte ancora in macchina da solo, perché vuole sentirsi libero e spesso è in coppia con colleghi più giovani dei suoi figli.

Quando ha iniziato, nei primi anni ’50, le bocce erano di legno e si tenevano dentro bidoni con l’acqua per non farle spezzare. Ora i materiali e la tecnica sono venuti incontro ai giocatori. Non più campi di terra battuta, ma in sintetico, non più palle di legno ma in resina di qualità. Sui campi in terra il tiro poteva subire ogni tipo di alterazione, fare tiri perfetti era difficilissimo.

Eppure Rino non ha avuto sempre la vita facile. 65 mesi di guerra, anche se non al fronte: figlio unico di madre vedova. “I miei colleghi sono tutti in fondo al mare!” perché tutti furono arruolati in marina. Rino però fu mandato in Corsica e in Sardegna, lontano dal fronte diretto. Dopo l’8 settembre rimase tagliato fuori dal resto del mondo e non seppe più niente di sua madre fino a che da Napoli riuscì a partire per accompagnare un generale destinato a Roma. Lui, alla guida del mezzo aggiunse di suo pugno anche la destinazione “Florence” accanto al regolare “Rome” scritto dagli americani sul foglio di viaggio. Così, lasciato il generale a Roma proseguì per Firenze. Quasi a destinazione fu fermato dalla Police americana e qui Rino ebbe un attimo di paura “Vuoi vedere che mi arrestano proprio ora che sono arrivato!” .

Ma i soldati, appena videro che aveva fatto tutto il viaggio in giornata da Napoli si complimentarono con lui e lo fecero passare con un bonario e rassicurante “OK, Johnny, vai!”

Appena in Firenze, nella sua Via Erbosa, vide una donna che prendeva l’acqua. E quella donna era proprio sua madre, che dopo l’incontro e un lungo abbraccio gli disse “non ho niente da darti da mangiare abbiamo solo due mele!”

Più avanti nel tempo, a 62 anni, Rino si scontrò con la malattia: una pesante operazione ai polmoni. Ma giocare a bocce e vincere nelle gare lo distrasse dai pensieri e dalla paura Giocando tu ti dimentichi delle tue cose peggiori. Giochi per vincere e le tue cose non le ricordi mai. Questo è stato un vantaggio non indifferente!”

Smettere di fumare è stata un’altra sua grande vittoria: “me lo ricordo bene quel giorno, più della Prima Comunione, più del Matrimonio: era il 4 luglio del 1981! Da giovani si fumava di tutto: le vitalbe, perfino la carta dei giornali!”

E di vincere non ha mai smesso.

Ricordano di lui una mitica impresa: perdeva 14 a 0 fino a che la sorte è cambiata con la rimonta vittoriosa e il risultato di 15 a 14. Questo accade spesso nel gioco delle bocce e ci sono scontri finali tra anziani e giovani che si battono perfettamente alla pari. Spesso l’esperienza vince sull’età. Le categorie in questo gioco tengono conto dei punteggi fatti e non dell’anagrafe. Rino ha giocato 55 anni nelle serie A, la categoria dei campioni.

Questo è uno sport povero, che si può fare a tutte le età e a livelli diversi, ma è anche uno sport giovane perché sono i giovani che vincono di più!”.

Eppure di una cosa è certo Rino, che non smetterà mai di giocare a bocce,  perché “la vita va vissuta fino in fondo”, dice, “e l’età è quella che vogliamo avere: è quella che ci portiamo nel cuore”.

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