Le bocce, ricordi di paese
09/11/2009 at 13:38 Lascia un commento

“Nel tratto più alto del pozzone Mario costruì un gioco da bocce. Gli costò tanta fatica quel lavoro perché dovette portarvi molta terra e livellarla. Da un lato il gioco era protetto dal muraglione di sostegno della piazza, ma, dall’altro lato e nelle due testate fu necessario proteggerlo con rete metallica poiché confinava con la via che conduceva ai vigneti. Per essa passavano molte persone e la caduta di qualche boccia avrebbe potuto ferire o anche uccidere qualcuno. Le bocce erano diventate uno svago piacevole per i giovani e meno giovani del paese, perché in quei tempi non esisteva la comunicazione con la città come esiste ora. L’unica via che conduceva a La Spezia era una mulattiera lunga alcuni chilometri e assai faticosa, mentre la nuova strada carrozzabile che era stata costruita col Forte di Costa Rossa era riservata solo ai militari. Scarseggiava anche il denaro allora, e pochi avrebbero potuto spendere le due lire che occorrevano per assistere ad una proiezione cinematografica in città. Inoltre vi erano da spendere anche i 40 centesimi del tram elettrico che dall’Acquasanta portava i passeggeri a La Spezia. Questa piccola borgata si trova ai piedi della strada mulattiera. Mario aveva anche diversi amici suoi coetanei a Campiglia coi quali sapeva farsi buona compagnia per il suo carattere molto comunicativo e buono. Giocava a bocce alla domenica con Guglielmo, che lui chiamava Gulé con il cugino Isacco. Gulé era spesso in discussione con Mario. “Tu mi vinci” gli diceva “perché fai il passo troppo lungo quando lanci la boccia, non fare il furbo!”. Guglielmo era operaio in arsenale, era un giovane taciturno con un portamento compassato e molto ordinato nella persona. La sua capigliatura corvina con le onde naturali, sempre accuratamente pettinate, gli dava un’impronta distinta. Il cugino Isacco, chiassoso e ridanciano, riusciva a battere Mario. Isacco era un bel giovane biondo con il corpo atletico e occhi azzurri che faceva innamorare di sé le ragazze.”
Questo brano è tratto da “La mia gente“, testo dedicato a Campiglia (SP) e ai suoi abitanti, pubblicato da Jolanda Sturlese nel 1976. Ci addentriamo fra i ricordi della signora Jolanda e della Lunigiana ligure perché ci riconosciamo in pieno nello spirito gioioso che animava chi si rimboccava le maniche per il proprio passatempo preferito. Queste antiche parole, atmosfere e dettagli ci confermano, ancora una volta, l’anima popolare dello sport bocce.
Cliccate qui per avere qualche informazione sul borgo di Campiglia e qui per approfondire i ricordi de “La mia gente”.
Entry filed under: Storie e ricordi. Tags: Bocce, Campiglia, FIB, Jolanda Sturlese.











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